Cresa Informa n. 5/2014

L’Abruzzo ha mostrato, nonostante tutto, una apprezzabile capacità di tenuta rispetto alla crisi. Ciò è valso finora anche per i settori più colpiti dalla recessione, come la manifattura.
Nonostante le criticità strutturali, acutizzate dalla fase ciclica negativa che tuttora perdura, e l’asimmetria degli effetti con cui si è manifestata la crisi, il restringimento della base occupazionale è stato complessivamente inferiore a quanto ci si sarebbe potuti aspettare.
Tuttavia, l’indebolimento della capacità dell’Abruzzo di crescere e competere non è un fatto recente, esso data almeno dalla metà degli anni novanta. Molte evidenze empiriche disponibili mostrano che larga parte dei nostri ritardi produttivi dipende dai ritardi educativi che contraddistinguono la nostra regione e l’Italia rispetto ad altri paesi avanzati.
A sua volta, alla carenza di capitale umano è associato un basso livello di domanda di lavoro qualificato da parte del sistema produttivo. La propensione a investire in nuove tecnologie è ridotta dalla difficoltà che le imprese incontrano nel trovare competenze adeguate nel mercato del lavoro; ciò riduce il rendimento dell’investimento in capitale umano “adeguato” al nuovo contesto competitivo e quindi ne riduce l’offerta da parte dei giovani, il che, ancora, si ripercuote sulle difficoltà delle imprese e ne frena ulteriormente la domanda. Molta parte del divario tra l’Italia e Germania nell’impiego di laureati nei processi produttivi è attribuibile a questo tipo di interazioni.
Un’economia stagnante da oltre un quindicennio ha di fatto bloccato l’ingresso nella vita adulta ed indipendente di una intera generazione di ventenni e trentenni. Tale livello di iniquità generazionale appare insostenibile. L’attuale configurazione del mercato del lavoro in Abruzzo e la difficile transizione istruzione-lavoro segnalano la gravità della questione giovanile e l’urgenza di politiche capaci di affrontarla in modo efficace.

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